INSIEME conferma la sua contrarietà al testo di legge in discussione alla Camera sul cosiddetto “suicidio assistito”.
Anche i contenuti del dibattito tra i partiti di questi giorni confermano che una questione tanto complessa e grave viene sacrificata a valutazioni e interessi di ordine politico e collegata a una contesa elettorale.
E’ questo, invece, tema che andrebbe affrontato e dibattuto senza alcun intento “ideologico” perché riguarda valori di fondo della nostra comune umanità, si sia credenti o non credenti. Sono il senso e il valore inestimabile della Vita a costituire il vero ambito di riflessione su cui sensibilità diverse possono comunque trovare una condivisa attenzione per il malato, i familiari e il personale sanitario che devono prendersene cura.
INSIEME, contraria a tutto ciò che possa favorire una deriva eutanasica, invita tutti i parlamentari a riflettere sulla durissima esperienza della pandemia che ha riproposto drammaticamente la fragilità della condizione umana cui, doverosamente, si sta dando una risposta esaltando la Vita e il diritto di assicurare, fino alla fine naturale del processo esistenziale, a tutti l’adeguato impegno sanitario.
E’ questo un dovere assoluto che riguarda anche il fine vita dei malati terminali. Abbiamo in questo senso il riferimento delle indicazioni della Corte costituzionale che appaiono in contrasto con alcune parti contenute nel provvedimento in esame alla Camera. In particolare, laddove:
– la Suprema Corte ha ben definito l’ambito che riguarda i casi irreversibili dove le cure diventano accanimento terapeutico, mentre adesso si allarga a una condizione imprecisata di disabilità il diritto al fine vita assistito;
– appare disatteso l’invito pressante della Corte costituzionale sull’esigenza “di adottare opportune cautele affinché l’opzione della somministrazione di farmaci in grado di provocare entro un breve lasso di tempo la morte del paziente non comporti il rischio di alcuna prematura rinuncia, da parte delle strutture sanitarie, a offrire sempre al paziente medesimo concrete possibilità di accedere a cure palliative”. Il testo all’esame della Camera, invece, riduce ad uno sbrigativo adempimento burocratico quello che nella indicazione dei giudici della Suprema corte doveva costituire un vero e proprio percorso di palliazione e terapia del dolore, prima che venga consentito un percorso alternativo.
– la Corte ha ben precisato, in merito alle responsabilità dei medici a fronte della richiesta di aiuto da parte del malato, che, contrariamente a quanto si vuole introdurre con il ddl all’attenzione adesso del Parlamento, non si deve configurare “alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici. Resta affidato, pertanto, alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato”.
In conclusione, INSIEME auspica che ciascun parlamentare maturi, in piena libertà, un proprio personale convincimento e, senza delegare la propria posizione a ragioni di schieramento, si attenga liberamente a tale giudizio. In particolare, che i parlamentari cattolici si sottraggano a logiche di schieramento e non temano, per una volta, di mostrare una fattiva convergenza fondata sul primato della coscienza e su una visione della sacralità della Vita che sappiano prevalere su ogni altra contingente valutazione.